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IPERTRIGLICERIDEMIA: l’importanza della dieta per risolverla

Di trigliceridi si sente parlare almeno tanto quanto di colesterolo in relazione al rischio
metabolico e cardiovascolare, dimenticandosi del fondamentale ruolo energetico che questi
lipidi svolgono nel nostro organismo. In generale i trigliceridi o triacilgliceroli sono lipidi
semplici formati da una molecola di glicerolo legata a tre acidi grassi, i quali possono essere
tutti uguali o tutti diversi. Questi acidi grassi sono molecole costituite da catene idrocarburiche
lineari in cui gli atomi di carbonio sono uniti da legami singoli (acidi grassi saturi) o doppi (acidi
grassi monoinsaturi e polinsaturi).

Funzioni e metabolismo
I trigliceridi nel nostro organismo svolgono una funzione prettamente energetica, dal momento
che possono essere accumulati come scorta nel tessuto adiposo oppure essere ossidati
fornendo 9 kcal ogni grammo. Dato che sono idrofobi e non possono circolare liberamente nel
sangue, questi lipidi devono essere necessariamente veicolati da delle lipoproteine: i
chilomicroni permettono il trasporto dei trigliceridi alimentari dall’intestino agli organi di impiego
e deposito (muscolo scheletrico, miocardio e tessuto adiposo), mentre le VLDL permettono il
trasporto dei trigliceridi endogeni dal fegato agli stessi organi. Una volta raggiunti questi organi
l’enzima di membrana lipoprotein lipasi LPL scinde i trigliceridi, consentendo l’ingresso degli
acidi grassi all’interno della cellula, dove potranno essere ossidati attraverso la beta-ossidazione
(muscolo) oppure essere riconvertiti in trigliceridi ed accumularsi come riserva energetica in
caso di bisogno futuro (tessuto adiposo).

Catabolismo dei trigliceridi
Quando l’organismo è a corto di energie l’enzima intracellulare lipasi ormone dipendente
(sensibile a GH, cortisolo, catecolamine e glucagone) determina la lipolisi (scissione del
glicerolo dagli acidi grassi), con fuoriuscita degli acidi grassi nel sangue, dove la proteina
albumina li lega e li trasporta verso i tessuti bisognosi di energia. A questo punto gli acidi grassi potranno entrare nei mitocondri delle cellule bersaglio ed andare incontro prima a beta-ossidazione e poi ciclo di Krebs con produzione di energia, mentre il glicerolo dopo essere stato convertito in piruvato può seguire la stessa via oppure essere trasformato in glucosio con consumo di energia.

Eccesso di trigliceridi
Nel caso in cui ci sia un eccesso di trigliceridi ed acidi grassi circolanti, questi non riescono ad
essere accumulati tutti nel tessuto adiposo e rimangono in circolo. Qui si ossidano e tendono
a depositarsi
in:
arterie, provocando infiammazione e aterosclerosi
fegato, provocando steatosi epatica (fegato grasso), rilascio di glucosio per glicogenolisi ed
aumentata produzione di colesterolo
muscolo, dove riducono l’utilizzo del glucosio provocando insulino-resistenza
pancreas, provocando pancreatite cronica e danneggiando le beta-cellule, riducendo così la
secrezione insulinica.

Cause di ipertrigliceridemia
La concentrazione di trigliceridi nel sangue si chiama trigliceridemia e dipende molto più
dall’introito alimentare che dalla produzione epatica. L’ipertrigliceridemia invece fa parte delle
dislipidemie ed è definita come un livello di trigliceridi, misurato a digiuno da più di 12 ore, che
supera i 200 mg/dl. Può essere isolata o associata a ipercolesterolemia e può avere cause
genetiche (ipertrigliceridemia familiare e deficit di protein lipasi o ApoC II) o essere secondaria a
patologie (ipotiroidismo, diabete mellito, obesità, disfunzioni epatiche) e al consumo di farmaci
(anticoncezionali, glucocorticoidi, beta-bloccanti, alcool).

Il ruolo della dieta
Solo una minoranza di casi è legata a cause genetiche o patologiche, mentre la stragrande
maggioranza dei casi è dovuta ad una alimentazione ipercalorica, iperlipidica e ad uno stile di
vita sedentario. Dal momento che i livelli di trigliceridi sono molto sensibili alla dieta e allo stile di
vita, più di quanto non accade per il colesterolo, la strategia migliore consiste modificare le
proprie abitudini alimentari e sportive.
1) E’ fondamentale seguire una dieta ipocalorica e completamente priva di alcool, il quale viene
prima convertito in acetil-CoA e poi in acidi grassi e quindi trigliceridi. I lipidi non devono
costituire più del 30% delle calorie totali ed il loro rapporto deve essere <10% saturi, 10-15%
monoinsaturi (prevalentemente olio d’oliva) e 5-10% polinsaturi (provenienti da frutta secca e
pesce azzurro). Molto utili risultano anche i supplementi di omega-3, ossia acidi grassi
polinsaturi dotati di effetto antiossidante, antinfiammatorio, antitrombotico e capaci di ridurre i
trigliceridi e migliorare il rapporto HDL/LDL attraverso il ripristino dell’equilibrio degli eicosanoidi.
2) L’attività fisica, in particolare quella aerobica, può aiutare ulteriormente nella perdita di peso
e nella riduzione dei livelli di trigliceridi, visto che questi costituiscono il substrato energetico
principale delle attività a bassa intensità e di lunga durata. Via libera quindi a camminate, corsa,
nuoto e ciclismo.