SODIO:
Strategie per ridurne il consumo e i rischi associati
Che cos’è e a cosa serve il sodio?
Il sodio è il principale elettrolita presente nei liquidi extracellulari. Esso è presente negli alimenti
principalmente in forma di cloruro di sodio (NaCl) e cioè di sale, anche se si trova in misura
minore come bicarbonato di sodio, glutammato di sodio e carbonato di sodio. Il sodio è contenuto
in piccole quantità negli alimenti naturali, i quali però spesso e volentieri vengono arricchiti
artificialmente di sale per conferire sapidità, esaltarne il gusto, correggere aromi sgradevoli e
migliorarne la conservabilità.
Per quanto riguarda le sue funzioni, il sodio è coinvolto nel mantenimento della regolazione del
bilancio idro-elettrolitico e della pressione arteriosa, infatti, grazie alla sua azione osmotica,
mantiene il corretto volume dei fluidi extracellulari. Altri ruoli riguardano il mantenimento del
potenziale di membrana, la capacità di eccitare le cellule muscolari e nervose e l’assorbimento di
nutrienti attraverso le membrane plasmatiche.
Il bilancio corporeo del sodio è finemente regolato dai reni, dove il sodio può essere quasi
completamente riassorbito attraverso l’azione di angiotensina 2, noradrenalina, insulina e
aldosterone.
Fabbisogno
Secondo l’OMS il consumo quotidiano di sale per i soggetti sani dovrebbe essere inferiore ai
5gr/die, corrispondenti a 2gr di sodio. Questi valori andrebbero poi corretti per età, livello di
attività fisica e stati patologici. Questo dato purtroppo corrisponde a circa la metà dell’attuale
assunzione media individuale in Italia, con un maggior consumo negli uomini rispetto alle donne
e nelle regioni meridionali rispetto a quelle del centro e del nord.
Fonti alimentari di sodio
Le fonti di sodio alimentare si distinguono in discrezionali (ossia il sodio aggiunto
attraverso il condimento con sale da cucina, corrispondente a circa il 35% dell’assunzione
quotidiana) e non discrezionali, a loro volta divise in naturali (il sodio naturalmente
contenuto negli alimenti, corrispondente al 15% dell’assunzione di sodio) ed industriali o
artigianali (corrispondente al 50%).
Gli alimenti più ricchi di sale sono quelli trasformati: prodotti da forno, formaggi, affettati, prodotti
surgelati, snack, sughi pronti, merendine, ecc.
Gli alimenti poveri di sodio invece sono quelli naturali: frutta, verdura, olio, cereali, latte, uova,
carne e pesce.
Carenza e tossicità
Dal momento che il fabbisogno di sodio è molto basso, la carenza da insufficiente apporto
alimentare normalmente non si verifica nemmeno in caso di diete poverissime di sale.
Fenomeni di carenza sono però possibili in caso di sudorazione prolungata, diarrea e vomito
cronici, eccessiva assunzione di diuretici ed eccessiva assunzione di fluidi ipotonici (acqua)
durante l’attività fisica. La carenza si manifesta con nausea, crampi, astenia ed ipotensione
arteriosa.
Così come la carenza, anche la tossicità acuta è piuttosto improbabile, salvo in caso di
condizioni patologiche quali scompenso cardiaco ed insufficienza renale. Tuttavia
un’assunzione cronica ed eccessiva di sale può aumentare il volume dei liquidi extracellulari e
quindi anche la pressione arteriosa e la ritenzione idrica. Un eccesso di sodio è stato anche
associato in maniera dose-dipendente ad un aumentato rischio di gastrite, tumore allo stomaco
e all’intestino, dovuti probabilmente all’azione irritante del sale sulla parete gastrointestinale.
Infine, indipendentemente dal suo effetto sulla pressione arteriosa, un eccesso di sale è stato
associato ad obesità addominale, ipertrofia ventricolare sinistra, fibrosi cardiaca, renale e
vascolare, aumentata escrezione renale di calcio ed aumentata rigidità arteriosa.
Ridurre il contenuto di sodio nella dieta
Un assunzione progressivamente crescente di sodio con la dieta è in grado di determinare una
forma di dipendenza che porta a consumare quantità via via crescenti. Allo stesso modo una
riduzione graduale può abituare a consumare meno sale senza percepire differenze nella
salinità e generare reazioni di rifiuto. Alcune strategie pratiche per ridurre l’assunzione di
sale possono essere:
– Moderare il consumo di pane e prodotti da forno: essendo il pane uno dei principali prodotti
industriali responsabili di un eccessiva assunzione di sale, una soluzione può essere quella di
ridurne il consumo oppure prediligere pani meno salati, come il toscano. Stessa regola vale
anche per altri prodotti da forno quali pizza, piadina, focacce, biscotti, ecc.
– Utilizzare il sale ”dietetico’‘: è un sale disponibile in commercio dove parte del cloruro di
sodio è sostituito da cloruro di potassio, seppur questo abbia un retrogusto amaro e metallico e
non garantisca la stessa stabilità microbiologica. Nel caso si voglia provare questo sale è
sempre bene chiedere il parere medico, dato che potrebbe causare problemi ai pazienti con
nefropatia o che assumono determinati farmaci quali i diuretici.
– Utilizzare più erbe e spezie: le erbe aromatiche (prezzemolo, basilico, rosmarino, timo, salvia,
origano, ecc), le spezie (pepe, noce moscata, cannella, curcuma, ecc) ed alcuni ortaggi (aglio,
cipolla, porro, scalogno, sedano, ecc) possono essere utilizzati con successo per modificare e
potenziare i sapori e gli odori degli alimenti che consumiamo, permettendo di ridurre l’impiego di
sale. Inoltre molti di questi prodotti contengono anche elementi dotati di un effetto antimicrobico,
antiossidante e antinfiammatorio.
– Condire con aceto a succo di limone: gli acidi citrico e acetico in essi contenuti sono
esaltatori di sapidità e permettono quindi di conferire aromi caratteristici e mantenere la stessa
sapidità pur riducendo l’aggiunta di sale.
– Fare attenzione a salsa di soia e dado da brodo: la salsa di soia è un condimento liquido a
base di legumi e cereali fermentati contenente sale al 14%. Può essere un’alternativa al sale da
cucina ma va comunque utilizzata con moderazione, specialmente dagli ipertesi. Il dado da
brodo invece contiene il glutammato monosodico, un esaltatore di sapidità responsabile del
gusto umami caratteristico degli alimenti tipici della cucina asiatica. Il glutammato aumenta la
sensazione di sapidità dei cibi a cui viene aggiunto, abituando il palato a sapori eccessivamente
salati e appiattendo il gusto reale del cibo, per questo è meglio ridurne il più possibile l’utilizzo.
In conclusione
Fatte tutte queste considerazioni, è bene ricordare che il sale non è un veleno bensì un
nutriente essenziale senza il quale non sarebbe possibile la vita cellulare. Il sale da cucina va
moderato e non completamente abolito come talvolta capita di constatare. Va tenuto presente
che il sale è anche un’importante fonte di iodio, minerale indispensabile per la produzione di
ormoni tiroidei ed utilizzato per contrastare l’epidemia di ipotiroidismo che ancora colpisce il
nostro paese. Infatti, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, il sale iodato nella
ristorazione collettiva italiana è utilizzato solo nel 23% dei casi, valore che scende a meno del
10% nell’industria alimentare, tutto ciò nonostante esista una specifica legge che ne imponga
l’utilizzo. Il sale iodato va consumato in tutte le età e tutte le condizioni patologiche in
sostituzione del sale normale. Infine è bene precisare che la raccomandazione di usare sale
iodato non va interpretata come l’invito ad un maggior consumo di sale, bensì come un minor
consumo di sale ma iodato.
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